mercoledì 3 novembre 2010

Misurazione e controllo del carico dell'allenamento

Prof. Domenico Scognamiglio, tecnico specialista nazionale di A.L.

Uno dei punti fondamentali nella preparazione fisica di un atleta riguarda la misurazione ed il controllo dell’allenamento.
Nel corridore di resistenza tale controllo, rispetto agli sport di situazione dove le componenti che possono influenzare la prestazione sono sicuramente maggiori, è più semplice e lo si può dividere in 3 fasi:
  1. Raccolta delle informazioni 
  2. Elaborazione delle stesse
  3. Pianificazione, adattamento e modificazioni dell’allenamento
A tal proposito, quindi, diventa necessario per il raggiungimento dell’obiettivo conoscere esattamente lo scopo che vogliamo ottenere, per poter progettare un allenamento invece che un altro.
Nella seduta d’allenamento del maratoneta, la misurazione della quantità del lavoro da svolgere, che è alla base (relativamente alla distanza di gara) di ogni allenamento di corsa, risulta semplice definirla perché è determinata dalla misurazione dello spazio percorso.
L’ intensità, invece, è un valore che cambia in relazione al livello tecnico dell’atleta, alle sue caratteristiche, agli anni d’attività sportiva, alla qualità della vita che svolge… Ad esempio un atleta top level, rispetto ad un atleta amatore, correrà la maratona non solo in tempi più brevi, ma anche con un dispendio energetico molto più basso nell’unità di tempo.

Il carico d’allenamento, quindi, rappresenta la spesa energetica e mentale richiesta ad un atleta per eseguire un determinato allenamento. Tale carico a sua volta si divide in  esterno ed interno.
Il carico esterno rappresenta l’allenamento che svolgiamo, esso è semplice da misurare e dipende dalla quantità e dalla qualità (intensità) del lavoro svolto.  
Il carico interno, invece, rappresenta la sommatoria degli stress che l’organismo subisce da un determinato carico esterno. Esso non dipende però solo dal carico esterno, ma anche dalle condizioni psico – fisiche che caratterizzano l’organismo nel momento in cui è sottoposto a stimoli esterni.
Ad esempio: fare 45’ ora di corsa a 15 km/ora (4’00” al km) ci dà l’indicazione di un preciso carico esterno. Se questo tipo di lavoro, svolto però da due atleti (A e B) in possesso rispettivamente di una soglia anaerobica di 17 km/h (A)  e 19 km/h (B), a parità di condizioni psico fisiche lo rapportiamo alla fatica espressa, l’atleta (B) farà molto meno fatica perché lavorerà ad un intensità inferiore rispetto alle sue possibilità. In questo caso, otterrà anche un effetto diverso rispetto all’atleta (A). Affinché la fatica e l’intensità degli stimoli sia simile per entrambi, diventa necessario chiedere di correre ad una determinata percentuale della loro soglia anaerobica (es: - 20% ). In tal caso, l’atleta (A), per ottenere lo scopo  prefisso, dovrà correre ad un ritmo di circa 4’15” al km,  mentre l’atleta B ad un ritmo di circa 3’50” al km. Con questo semplice esempio s’identifica l’errore che frequentemente si commette quando si combinano allenamenti con le stesse modalità, quantità e durata tra atleti di diverse caratteristiche e/o valore tecnico.
Naturalmente tra i vari mezzi d’allenamento l’individualizzazione del solo parametro intensità non è certamente sufficiente, né risulta l’unico mezzo per poter identificare il carico interno dell’atleta.
Infatti, diversi  sono i fattori che incidono su di esso e che possono causare stress differenti, tra cui:
    1. Capacità d’abitudine a svolgere un particolare tipo di lavoro
    2. Il tipo e la qualità degli allenamenti svolti nei giorni precedenti 
    3. La capacità di recupero degli stessi   
    4. Alimentazione, ore di sonno
    5. Stile e qualità della vita tra cui: alimentazione, ore di sonno, tipo di attività lavorativa (ad esempio: un lavoro fisicamente impegnativo incide nel tempo sicuramente negativamente nella sommatoria degli stress interni dell’organismo, per cui richiede di recuperi più lunghi, stessa cosa vale per un lavoro che richiede un grande impegno mentale) 
    6. Le condizioni ambientali durante gli allenamenti (altura, caldo, percorso ondulato...)
     
    Pertanto, nella programmazione e nello svolgimento dell’allenamento, sia per un miglior sviluppo sia per prevenire i danni che un errata programmazione potrebbe provocare all’atleta, diventa molto importante tener sempre conto di queste variabili.
    La valutazione del carico interno, tuttavia, anche se fatta empiricamente è possibile razionalizzarla nel migliore dei modi attraverso:
      • Conoscenza delle modificazioni fisiologiche sull’organismo dai diversi sistemi d’allenamento
      • Monitoraggio delle risposte fisiologiche e prestative dell’organismo all’allenamento (es: controllo della FC; della S.A. …)
      • Scambio periodico di sensazioni ed esperienze tra allenatore ed atleta
      • Effettuazione di Test periodici di controllo
      Ascoltare i segnali del corpo, per quanto non cosa semplice da fare, è un’espressione quanto mai giusta perché il nostro organismo ci invia sempre i giusti messaggi, attraverso un campanello d’allarme, per evitare di incorrere in problemi di overtraining.




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