venerdì 4 marzo 2011

I membri della nostra associazione sono il nostro messaggio!




Salve amici! Il nostro staff composto da esperti del settore sportivo e medico è ora a vostra completa disposizione per trattare in video di argomenti inerenti alla cura della vostra salute sportiva.
I nostri soci e collaboratori presteranno il loro volto e le loro competenze all'iniziativa "Pillole di...", fornendo a voi amici, brevemente, in pillole per l'appunto, informazioni, curiosità, rimedi su patologie o sulla pratica sportiva in generale.
Siamo sempre pronti ad ascoltarvi: se avete qualche argomento che vi sta a cuore potete scriverci a info@apams.eu , ma anche sul blog e su Facebook e saremo ben lieti di ascoltarvi e mettere le nostre competenze a disposizione di tutti!
Seguiteci numerosi sul canale You Tube apamsport...perchè ora i nostri soci diventeranno il nostro messaggio!

Valentina Capezzuto 

lunedì 21 febbraio 2011

Ti scatterò una foto!


Noi dell'apams amiamo immortalare i nostri e i vostri momenti più belli scattando fotografie. Abbiamo pensato di raccogliere quelle più significative per noi e i nostri atleti per condividere con voi tutte le emozioni dello sport.
La community apams si espande! Ora avete la possibilità di seguirci anche su Flickr.



martedì 15 febbraio 2011

Caterina Kensbock: dopo l'infortunio voglio riscoprire il piacere di giocare a calcio!



Oggi un altro contributo importante è giunto in redazione per l'iniziativa "La testa nel pallone!". Caterina Kensbock, d'origine tedesca, è una giovane promessa della squadra di calcio femminile Carpisa Yamamay. Ha raccontato a noi dell'apams della sua passione per il calcio e di come sia riuscita a superare un grave infortunio che l'anno scorso l'ha costretta quasi ad abbandonare il gioco. Ma la sua forza di volontà e la professionalità di chi l'ha seguita sono stati determinanti per le ripresa. Ringraziamo Caterina per il suo appassionato racconto.

"A dirla tutta il calcio non è stato l’unico sport che adoravo da piccolina; ero interessata anche ad altre attività, ma ad un certo punto il calcio ha preso il sopravvento. Come di preciso è iniziata questa mia passione non saprei dire, ma sicuramente avranno contribuito anche mio padre che, lasciandomi libera nelle mie scelte, mi portava spesso nel parco a giocare e i miei cugini e mio zio che puntualmente quando venivo in Italia mi portavano allo stadio con loro.
Quando si inizia a praticare uno sport, si inizia e basta, non pensi a chi è destinato o chi dovrebbe praticarlo. Credo che ogni tipo di sport è praticabile da tutti, l’importante è davvero volerlo e crederci.
In Germania mi dicevano sempre: “Si vede che sei tedesca, ma che hai l’animo italiano”. Questa descrizione la ricordo sempre col sorriso, riconoscendomi in quanto dicevano. Ho vissuto in Germania per 16 anni, ma ogni estate venivo qui in Italia per le vacanze estive. La realtà è che ho riscontrato qui il calore e l’affetto dello persone che mi ha convinto a fare questo passo importante: trasferirmi! Ogni tanto ripenso a questa mia scelta e mi rattristo pensando a cosa ho lasciato: Berlino è una metropoli, una città che ti offre molte, soprattutto a livello lavorativo, ma credo che alla fine tra lo svegliarsi con il sole e con il grigio ci sia una netta differenza.
Giocavo già a Berlino e prima di trasferirmi mi sono assicurata di trovare una squadra italiana: la mia avventura calcistica italiana è iniziata con la Salernitana e ora, da due anni, gioco a Napoli con il Carpisa Yamamay.
Per quanto possa adorare questo sport, credo che comunque il calcio, soprattutto femminile e in Italia (la situazione all’estero è ben diversa credo) non possa garantire niente di concreto per il futuro. E’ anche per questo che ho deciso di continuare a studiare, cosa che oltre ad essere necessaria, a volte è anche piacevole. Conciliare tutte le cose è davvero difficile: ci vogliono sacrifici e tanta determinazione, ma alla fine se è qualcosa che piace niente pesa e tutto si può fare.
Ancora scuoto la testa se penso all’anno passato. Mi sono infortunata durante un allenamento al legamento crociato e ho dovuto rinunciare a giocare per un po’. Questo inaspettato e lungo stop ha impedito di esprimermi al meglio e di dimostrare la mia voglia di far bene in questa nuova squadra. L’infortunio è avvenuto a gennaio e dato che il legamento non era del tutto rotto ho deciso di continuare a giocare, anche se rischiando. Vuoi per un motivo vuoi per un altro (e soprattutto perché eravamo ad un passo dalla A1) ho voluto crederci e ho posticipato a fine stagione l’intervento. Non rimpiango di averlo fatto, ma alla fine non siamo neanche riuscite nel nostro intento e un po’ di amarezza è rimasta…
Molte persone, soprattutto i familiari, vedendo certi infortuni e certe situazione cercano sempre di distoglierti da questa passione o  dissuaderti e devo ammettere che per un periodo avevo deciso di non giocare più, consapevole che comunque pur tornando presto in campo, non avrei potuto dare quando desideravo. Forse anche a causa dell’intervento, non avevo né stimoli né voglia di continuare, ma le domeniche a casa o comunque quelle lontane da un campo di gioco mi rattristivano e mi hanno dato la forza di continuare a crederci. Ho ripreso, anche in tempi veloci, grazie a tante persone che mi hanno sostenuto sia nel recupero fisico che mentale: credetemi una persona dopo un infortunio è un po’ demoralizzata, può essere davvero terrificante e stressante!
Ho voluto continuare, continuare a credere in questa squadra. I motivi sono fondamentalmente due, il primo è un buon affiatamento col gruppo delle giocatrici e il secondo uno staff convincente ed energico.
Il nostro campionato non è iniziato in modo brillante, ma credo che in ogni cosa e in ogni squadra esistano alti e bassi. Stiamo scalando piano piano la classifica impegnandoci in un duro allenamento e coltivando la speranza senza abbandonare un sano realismo.
A livello personale mi auguro di riprendermi completamente dopo l'infortunio e di recuperare, forse nel realizzare un buon gioco, il piacere di giocare a calcio. Caterina Kensbock".

Valentina Capezzuto

martedì 8 febbraio 2011

Nasce apamsport, il canale You Tube dell'apams!



E' nato apamsport su You Tube, il canale dell'apams dedicato alla condivisione di video per la nostra community ( http://www.youtube.com/user/apamsport?feature=mhum ).
Ieri è stato pubblicato il primo video che ripercorreva le tappe della 1^ Capri Dynamica Ratiopharm del 23 ottobre 2010, l'evento che aveva visto la partecipazione dell'apams come partner.
Nei prossimi giorni utilizzeremo questo canale per rendervi partecipi di tutte le nostre iniziative, per riporcorrere le tappe più importanti dell'attività della nostra associazione e soprattutto per illustrarvi i nostri servizi sportivi e il nostro modo di lavorare con l'atleta del tutto innovativo.
Tutti voi potete decidere di iscrivervi al canale e commentare il nostro materiale che avrà anche una funzione formativa.
Inoltre, per chiunque voglia segnalarci materiale utile oppure voglia contribure all'implementazione della nostra community saremo ben lieti di ascoltarvi. Potete contattarci al nostro indirizzo mail: info@apams.eu
Siamo pronti a condividere con voi la passione per lo sport! e voi?

Valentina Capezzuto

lunedì 31 gennaio 2011

Maria Ponticiello: cos'è per me il calcio? Passione, amore per la propria maglia, rispetto, disciplina e sacrificio.



Un altro contributo è stato spedito in redazione da una nostra lettrice Maria Ponticiello, anche lei giocatrice 23enne campana. La ringraziamo per il suo contrbuto alla nostra iniziativa.

"Ho iniziato a giocare a calcio un po' prima che compissi 11 anni, ora ne ho quasi 24, sono passati ben 13 anni dalla prima volta che ho preso a calci un pallone.
Giocare è un po' come evadere dalla vita di tutti i giorni, trovare quel luogo ideale dove riesci a esprimere quello che hai dentro, quello che realmente sei. Quando corri, sudi, ti alleni, si scatena dentro di te una forza indescrivibile...quella voglia di continuare anche se sei a pezzi, stremata perché sai che tutti quei sacrifici verranno ripagati in campo. E quando sei in campo vai in trans agonistica, tutto ciò che è fuori non conta, devi fidarti di te e delle tue compagne, avverti una sensazione di agitazione che trasformi in determinazione e ti lascia andare in quella partita che, non importa come andrà a finire, tu ci avrai messo il cuore.
Ho sempre giocato a 11, ma è già il secondo anno che gioco nell'Isef, una squadra di Poggiomarino di calcio a 5 di serie A. Siamo vincitrici dello scudetto e Supercoppa italiana.
Non posso che pensare che il calcio sia uno degli sport più belli al mondo, naturalmente ci sono molte, anzi fin troppe, differenze tra quello maschile e femminile. Forse principalmente sta nel fatto che nessuno investe nel femminile, di conseguenza il livello è molto basso e così facendo non diventerà mai uno sport seguito dalle persone. Il pubblico vuole divertirsi, se non ci sono strutture e attrezzature adatte non si può mai crescere. Il mondo  del calcio femminile è pieno di professionisti preparati e in gamba, ma se nessuno investe non ci sono fondi per pagare questi professionisti e nessuno lavora solo per passione.
Io ho un modo tutto mio di vedere il calcio, per me è passione, amore per la propria maglia, rispetto, disciplina, sacrificio. Non bisogna solo esser forti per giocare a calcio, chi oggi inizia a giocare da bambina non assimila questi valori che per me sono alla base di tutto. Forse proprio questo vorrei cambiare. Maria Ponticiello"

lunedì 24 gennaio 2011

Emanuela Schioppo: l’errore peggiore è pensare che quello che conta più di tutto in una partita sia vincere!



Pubblichiamo di seguito il contributo di Emanuela Schioppo, giovanissima calciatrice napoletana di 19 anni,  promessa del Carpisa Yamamay, che ha inviato in redazione il suo contributo per l'iniziativa "La testa nel pallone!".
“Sin da piccola mio nonno, mio fratello ed io avevamo una passione che ci accomunava: il calcio! Era una passione innata, che porto ancora dentro di me.
Ho incominciato a dare i primi calci ad un pallone quando avevo 5 anni, son cresciuta insieme ai miei amici giocando in piazza e per strada, inventando porte e alcune volte anche palloni di carta...
Ho giocato così fino all'età di 16 anni, poi ho deciso di voler giocare a livello agonistico e professionale. Da allora gioco in una squadra femminile di serie A2: la Carpisa.
Cercare di spiegare a parole cosa significhi per me giocare a calcio non è facile, perché alcune emozioni le puoi vivere solo giocando, solo entrando in campo e lottando con e per la squadra. Il calcio non è solo un gioco, è molto di più: è gioia, sacrificio, dolore, sofferenza...ma credo che al di là di tutto ci sia divertimento, perché alla fine l'importante è che ci si diverti.
Il calcio era ed è ancora oggi lo sport nazionale degli italiani. Nessun altro sport muove la tempra dal nord al sud, dai giovani e vecchi, dai ricchi e poveri così tanto quanto il calcio. La domenica pomeriggio diventa sempre più un pomeriggio dedicato al calcio, un festival di emozioni a cui tutta la famiglia partecipa.
Purtroppo, però, si parla solo di uno sport maschile dove tra l'altro girano tantissimi soldi: basti pensare a quanto guadagna un giocatore all'anno o semplicemente al mese. Il calcio maschile spopola rispetto a quello femminile che resta sempre più in ombra, .anzi alcuni non sanno nemmeno che esiste!
Vorrei tanto che al calcio femminile fosse data più visibilità, perché dietro ad ognuna di noi ci sono anni di sacrificio che in alcuni casi non vengono neppure ripagati. Lo ripeto, noi donne giochiamo per passione, divertimento, ma soprattutto con il CUORE....parole che nel calcio maschile non esistono nemmeno.
Concludo con una frase sul calcio letta su un libro che mi colpì molto e che racchiude tutto il mio pensiero: “L’errore peggiore è pensare che quello che conta più di tutto in una partita sia vincere. Niente affatto. Quello che conta è la gloria. È giocare con stile, con bellezza, è andare in campo e travolgere l’avversario, non aspettare che sia l’avversario a farsi avanti e così morire di noia.” (Robert Dennis da “Il libro delle liste sul calcio”). Emanuela Schioppo”

martedì 18 gennaio 2011

Roberta Faraone: il calcio è la mia passione più grande!

Ieri sera è arrivata in redazione questa bellissima mail di Roberta Faraone, una giovane calciatrice napoletana di 24 anni, che ha voluto condividere con noi la sua testimonianza, mettendo in luce anche i problemi legati al mondo del calcio femminile, soprattutto qui in Campania. Ringraziamo Roberta per il suo prezioso contributo alla nostra iniziativa "La testa nel pallone!".

"Ho iniziato a giocare a calcio praticamente da quando sono nata! Per i miei compleanni o a Natale l’unica cosa che desideravo ricevere era il pallone, con il quale vivevo completamente in simbiosi.
Verso i 5/6 anni, età in cui mi affacciavo ad una realtà diversa da casa mia, ho iniziato a giocare nel parco dove abito con i miei carissimi amici, che mi hanno accompagnato per tutta l’adolescenza. E' strano raccontarlo, ma io ero l'unica ragazza tra tanti maschi, ma non m'importava, perchè l'unica cosa che volevo era giocare a calcio e, grazie alle qualità che solo Dio ha voluto donarmi, venivo rispettata tanto quanto loro. Paradossalmente avevano di me la stessa considerazione di un ragazzo!
Solo nella fase adolescenziale mi resi conto che, per ovvi motivi fisici, ma anche mentali, non mi era più possibile giocare con coloro che fin a quel momento erano stati i miei compagni d'avventura. Fu solo allora che, grazie ad alcune conoscenze, approdai finalmente in una vera squadra di calcio femminile nonostante mia madre si mostrasse ostile verso la mia passione.
Ancora ricordo la prima volta che misi piede sul campo del "Napoli femminile" e vidi due ragazze correre x un banale riscaldamento: il cuore mi batteva all’impazzata..avevano i capelli lunghi, il seno..erano proprio delle ragazze come me!!!! Non a caso che una delle due diventò il mio "maestro",  nonché il mio idolo!
La prima grande esperienza calcistica l’ho avuta a 14 anni, età che ti permette, agonisticamente, di poter giocare. Era la mia prima squadra, le mie prime compagne, le mie prime partite...non vivevo che per tutto questo e ciò che vi ruotava intorno.
A 14 anni mi allenavo alle 21 di sera nei posti più svariati della Campania, tornavo a casa di notte e il giorno seguente mi alzavo per andare a scuola FELICE, perché nessun sacrificio valeva tanto quanto perdere la possibilità di giocare. Tuttavia, il momento + bello della mia breve carriera lo lego alla mia seconda squadra, che rappresenterà per sempre l'amore più grande della mia vita. Lì ho trovato le amiche di una vita, con le quali condividere i valori e i principi su cui ancora oggi la mia persona si basa. La Domina, nome della società, non è solo una squadra per me, ma una famiglia! Nel mondo del calcio femminile, dove purtroppo non girano molti soldi, l'attaccamento alla maglia e la passione che le ragazze hanno dentro è uno dei principali motivi su cui si basa l'esistenza della maggior parte delle società italiane.
Gli episodi che porterò sempre nel cuore riguardano un paio di vittorie in una stagione che ci portò ad un passo da un sogno chiamato serie A, ma che purtroppo svanì all'ultima giornata, e la vittoria del campionato di serie C, dopo anni di sacrifici, che ci portò finalmente in uno scenario nazionale. L’episodio più brutto fu, invece, il fallimento della nostra grande famiglia.
Le emozioni che provo quando gioco non sono facili da rinchiudere in banali parole...spesso mi rendo conto che il calcio femminile non rappresenta futuro e che sia giusto accantonarlo per dare una svolta alla mia vita. Ogni anno mi prometto che sia l'ultimo ma poi non riesco a stare lontana dal campo. Il campo mi dà la possibilità di sfogarmi, rappresenta libertà! In campo esprimo quello che sono liberamente, ma soprattutto, e credo che con questo posso racchiudere tutto quel che sento, con il pallone io sono felice e in quei momenti non mi m’importa di niente e di nessuno!!!
In un mondo sporco e bigotto non poteva salvarsi il mondo del calcio,  che sia quello maschile alla massima potenza o quello femminile: un mondo sporco, basato su interessi economici, falsità, ricatti, imbrogli quello maschile, invidia e ignoranza quello femminile. L ‘unica cosa da salvare almeno in quello femminile è la passione che spinge noi appassionate di questo sport a fare tanti sacrifici affinché il calcio non si fermi. Purtroppo si è consapevoli che il calcio femminile in un paese arretrato come l‘Italia non potrà mai eguagliare quello maschile. Per molti uomini Italiani le donne non possono essere accostate al calcio, infatti il nostro sport è poco, anzi quasi per niente, seguito dai media e dai giornali.  Ma, almeno a me, questo non m’importa..io gioco perché amo giocare e perchè senza calcio non vivo! Roberta Faraone".