martedì 18 gennaio 2011

Roberta Faraone: il calcio è la mia passione più grande!

Ieri sera è arrivata in redazione questa bellissima mail di Roberta Faraone, una giovane calciatrice napoletana di 24 anni, che ha voluto condividere con noi la sua testimonianza, mettendo in luce anche i problemi legati al mondo del calcio femminile, soprattutto qui in Campania. Ringraziamo Roberta per il suo prezioso contributo alla nostra iniziativa "La testa nel pallone!".

"Ho iniziato a giocare a calcio praticamente da quando sono nata! Per i miei compleanni o a Natale l’unica cosa che desideravo ricevere era il pallone, con il quale vivevo completamente in simbiosi.
Verso i 5/6 anni, età in cui mi affacciavo ad una realtà diversa da casa mia, ho iniziato a giocare nel parco dove abito con i miei carissimi amici, che mi hanno accompagnato per tutta l’adolescenza. E' strano raccontarlo, ma io ero l'unica ragazza tra tanti maschi, ma non m'importava, perchè l'unica cosa che volevo era giocare a calcio e, grazie alle qualità che solo Dio ha voluto donarmi, venivo rispettata tanto quanto loro. Paradossalmente avevano di me la stessa considerazione di un ragazzo!
Solo nella fase adolescenziale mi resi conto che, per ovvi motivi fisici, ma anche mentali, non mi era più possibile giocare con coloro che fin a quel momento erano stati i miei compagni d'avventura. Fu solo allora che, grazie ad alcune conoscenze, approdai finalmente in una vera squadra di calcio femminile nonostante mia madre si mostrasse ostile verso la mia passione.
Ancora ricordo la prima volta che misi piede sul campo del "Napoli femminile" e vidi due ragazze correre x un banale riscaldamento: il cuore mi batteva all’impazzata..avevano i capelli lunghi, il seno..erano proprio delle ragazze come me!!!! Non a caso che una delle due diventò il mio "maestro",  nonché il mio idolo!
La prima grande esperienza calcistica l’ho avuta a 14 anni, età che ti permette, agonisticamente, di poter giocare. Era la mia prima squadra, le mie prime compagne, le mie prime partite...non vivevo che per tutto questo e ciò che vi ruotava intorno.
A 14 anni mi allenavo alle 21 di sera nei posti più svariati della Campania, tornavo a casa di notte e il giorno seguente mi alzavo per andare a scuola FELICE, perché nessun sacrificio valeva tanto quanto perdere la possibilità di giocare. Tuttavia, il momento + bello della mia breve carriera lo lego alla mia seconda squadra, che rappresenterà per sempre l'amore più grande della mia vita. Lì ho trovato le amiche di una vita, con le quali condividere i valori e i principi su cui ancora oggi la mia persona si basa. La Domina, nome della società, non è solo una squadra per me, ma una famiglia! Nel mondo del calcio femminile, dove purtroppo non girano molti soldi, l'attaccamento alla maglia e la passione che le ragazze hanno dentro è uno dei principali motivi su cui si basa l'esistenza della maggior parte delle società italiane.
Gli episodi che porterò sempre nel cuore riguardano un paio di vittorie in una stagione che ci portò ad un passo da un sogno chiamato serie A, ma che purtroppo svanì all'ultima giornata, e la vittoria del campionato di serie C, dopo anni di sacrifici, che ci portò finalmente in uno scenario nazionale. L’episodio più brutto fu, invece, il fallimento della nostra grande famiglia.
Le emozioni che provo quando gioco non sono facili da rinchiudere in banali parole...spesso mi rendo conto che il calcio femminile non rappresenta futuro e che sia giusto accantonarlo per dare una svolta alla mia vita. Ogni anno mi prometto che sia l'ultimo ma poi non riesco a stare lontana dal campo. Il campo mi dà la possibilità di sfogarmi, rappresenta libertà! In campo esprimo quello che sono liberamente, ma soprattutto, e credo che con questo posso racchiudere tutto quel che sento, con il pallone io sono felice e in quei momenti non mi m’importa di niente e di nessuno!!!
In un mondo sporco e bigotto non poteva salvarsi il mondo del calcio,  che sia quello maschile alla massima potenza o quello femminile: un mondo sporco, basato su interessi economici, falsità, ricatti, imbrogli quello maschile, invidia e ignoranza quello femminile. L ‘unica cosa da salvare almeno in quello femminile è la passione che spinge noi appassionate di questo sport a fare tanti sacrifici affinché il calcio non si fermi. Purtroppo si è consapevoli che il calcio femminile in un paese arretrato come l‘Italia non potrà mai eguagliare quello maschile. Per molti uomini Italiani le donne non possono essere accostate al calcio, infatti il nostro sport è poco, anzi quasi per niente, seguito dai media e dai giornali.  Ma, almeno a me, questo non m’importa..io gioco perché amo giocare e perchè senza calcio non vivo! Roberta Faraone".

1 commento:

APAMS ha detto...

Solo tu potevi esprime così bene le sensazioni che si prova giocando!! UN bacio, Christian